venerdì 17 giugno 2016

Stati generali degli animali salvati non a fine di lucro - Audutorium di via Rieti, Roma

La LNDC sostiene convintamente la proposta della Carta di Roma per il recupero di animali salvati non a fine di lucro, e condivide l’impostazione di fondo, che evidenzia la necessità di delineare un quadro normativo tuttora inesistente per istituire e regolamentare le strutture di recupero per gli animali sequestrati e confiscati.
Le problematiche attinenti ai sequestri di animali oggetto di maltrattamento erano impensabili un decennio fa, quando la L. 189/04 non era ancora stata emanata. Molte di queste problematiche sono state evidenziate nel corso di questo incontro. Io vorrei concentrarmi su un ulteriore tema che attiene ad alcuni aspetti delle odissee giudiziarie che riguardano la gestione degli animali sequestrati, e che riguardano il reperimento delle strutture ove mantenere gli animali sequestrati, i costi di mantenimento degli animali, ed infine – ma non da ultimo – la sorte di questi ultimi in caso di sentenze assolutorie.
Il punto di partenza del ragionamento che vorrei fare è lo stesso che utilizziamo per affrontare altri problemi, e che è peraltro molto semplice. Gli animali non sono cose, e ad essi non può essere applicata una normativa prevista per il sequestro e la confisca di beni materiali.
Gestire un sequestro di un carico ingente di droga o di armi è assai più semplice che gestire un sequestro di animali, specialmente se si tratta di animali esotici. In un caso che ho seguito personalmente, e la cui udienza in cassazione si è svolta due giorni fa, relativo ad un sequestro di animali esotici di un circo il cui titolare è stato condannato in primo e secondo grado per la detenzione degli animali incompatibile con la loro natura (siamo ora in attesa della sentenza della Suprema Corte), vi sono state difficoltà enormi per la collocazione degli animali, in particolar modo per gli alligatori, affidati ad una struttura di recupero francese.
In un caso assai più semplice di alcuni giorni fa, relativo ad una bertuccia sequestrata perché oggetto di maltrattamento da parte di un privato (che non ho ancora capito come mai ne fosse in possesso), quest’animale, nell’immediatezza del sequestro, è stato addirittura collocato presso un canile, e siamo ancora in attesa del suo trasferimento in un centro di recupero!
Ma vi sono difficoltà non da poco conto anche per ciò che attiene al sequestro di cani, come spesso avviene all’esito di controlli nei cosiddetti canili lager, perché vi è assoluta carenza di strutture a norma e con disponibilità di posti.
A differenza che per le cose inanimate, per gli animali oggetto di sequestro non solo vi è la necessità di collocazione in un luogo idoneo, ma anche di far fronte alle spese di custodia, perché gli animali mangiano, si ammalano, insomma hanno dei bisogni che nessuna norma contempla. A Foggia è successo che sono stati sequestrati trentasei cani ad una signora che li teneva in un appartamento in condizioni igieniche precarie. Questi cani sono stati affidati in custodia ad un’associazione che gestiva un canile per un anno e mezzo, prima di essere riconsegnati alla stessa signora, che nel frattempo si era trasferita in campagna. Quando l’associazione ha chiesto il rimborso delle spese di un anno e mezzo di custodia, il Giudice ha liquidato la somma di € 1.274, dicendo che l’ingombro complessivo di trentasei cani era pari a quello di un autocarro. In pratica si è considerato che trentasei cani in un anno e mezzo sarebbero rimasti immobile come un camion in un deposito autorizzato. Facendo i conti, la diaria per ogni cane è stata ritenuta equa nella somma di otto centesimi al giorno, e questo perché manca una tabella di riferimento. La questione sta approdando in cassazione, ma è evidente che non possiamo permetterci di avere questo tipo di lacune normative.
Nel sequestro che stiamo tuttora gestendo, come LNDC, in relazione ad un canile sequestrato a Trani, convenzionato con oltre dieci comuni, abbiamo svolto una conferenza di servizi con tutte le amministrazioni e abbiamo stabilito, convenzionalmente, che questi si sarebbero impegnati a continuare a corrispondere le stesse somme previste nelle varie convenzioni a titolo di mantenimento degli animali alla nostra associazione, nominata custode. Ma nessuna norma imponeva questa soluzione, cui si è pervenuti con i criteri della ragionevolezza.
Insomma, non solo sul fronte delle strutture, ma anche sui criteri di gestione e sui rimborsi delle spese di custodia vi è molto da lavorare.
Infine c’è un’ulteriore questione che, come dicevo, è di non minore importanza: in caso di assoluzione dal reato contestato, i beni sequestrati non vanno confiscati, ma restituiti all’imputato assolto. Con processi che durano anni e anni, non è possibile non tenere conto della peculiarità della situazione che si verifica quando ad essere sequestrati sono animali, in particolare quelli d’affezione. Si instaurano rapporti reciproci tra l’animale ed il custode che è inimmaginabile che possano essere interrotti dopo anni all’esito di una sentenza di assoluzione. Mi si potrebbe giustamente obiettare che i diritti di chi si vede sottrarre ingiustamente un animale debbano essere tutelati e la questione è incredibilmente complessa. Io credo che un punto di equilibrio sarebbe quello di introdurre nel codice di procedure penale delle norme che prevedano, un po’ come per le misure cautelari personali, dei tempi certi e celeri per lo svolgimento delle attività processuali, anche la conseguenza del mancato rispetto di queste tempistiche non potrà mai essere la restituzione dell’animale al presunto maltrattatore. Ma si può prevedere che, superata una determinata soglia temporale, il custode può “riscattare” l’animale, indennizzando il precedente proprietario. Per il caso dei beagle di green si è utilizzato la norma che consente la vendita dei beni sequestrati quando sono “deperibili”, ma il concetto di fondo, in questo caso, non è tanto la deperibilità degli animali, quanto il fatto che dopo anni di sequestro sarebbe un’ulteriore pena, per tutti, far ritornare l’animale dal precedente proprietario, persino in caso di assoluzione.

Su questi temi occorre ancora ragionare per trovare, tutti insieme, una soluzione che contemperi le ragioni di tutti e che consenta di portarci davvero all’avanguardia in questa materia, scrivendo una pagina inedita che merita di essere scritta in quella che è sempre stata, e continua ad essere, la culla del diritto, e cioè l’Italia.

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